Osservare da spettatori esterni il mondo che ci circonda ci permette di capire quanto questo non sia pensato per rispondere alle esigenze di una persona che presenta una qualsiasi forma di disabilità. Il nostro mondo, infatti, è stato costruito esclusivamente sulle esigenze della popolazione che definiamo, in modo semplicistico, “normodotata”.
Fino ad oggi le tecnologie sviluppate non hanno pienamente permesso a persone con disabilità motorie, uditive e visive di interfacciarsi in modo immediato ed efficace con gli altri individui e con il mondo circostante.
Il crescente progresso tecnologico degli ultimi anni, però, ci porta inevitabilmente a cambiare il nostro punto di vista. L’innovazione al servizio delle disabilità sta prendendo forma con lo sviluppo di numerose tecnologie, tutte accomunate da un unico obiettivo: essere utili all’individuo, restituendo autonomia e indipendenza.
Basti pensare a esoscheletri riabilitativi, carrozzine guidate con sistemi di verticalizzazione che permettono di gestire il dispositivo in autonomia, tablet con cover in rilievo per ipovedenti, bastoni intelligenti che indicano la strada da seguire, segnalano distanza e ostacoli, robot assistivi, guanti capaci di tradurre la lingua dei segni in voce, ausili in grado di restituire la funzionalità di un arto.
La sinergia tra istituzioni e parti sociali è l’ elemento fondamentale
La scienza sta finalmente colmando quel divario che, fino a pochi anni fa, sembrava insormontabile. Queste nuove innovazioni tecnologiche, permettono di ritornare, o avere per la prima volta, una vita caratterizzata da un buon grado di autosufficienza.
Per rendere operativo il concetto di società veramente a portata di tutti, però, il solo apporto della scienza non è sufficiente. Sono necessari interventi legislativi che puntino nella stessa direzione.
L’esperienza italiana con il Nomenclatore Tariffario degli Ausili
In Italia, a Marzo del 2017 sono stati aggiornati i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), che erano fermi al 2001 e il Nomenclatore Tariffario degli Ausili e delle Protesi, che era fermo al 1999. Ad oggi, però, l’aggiornamento dei LEA e del Nomenclatore non sono pienamente applicati a causa della mancanza del decreto tariffe relativo alle prestazioni dell’elenco 1, come denunciato dalle dichiarazioni associazioni di categoria e Confindustria.
Inoltre, l’aggiornamento ha generato non poche polemiche da parte delle associazioni di categoria, che con la nuova normativa hanno visto dei peggioramenti della propria condizione. Il governo ha così “congelato” l’allegato 1 e ha istituito dei tavoli di contrattazione con le parti sociali.
Le ragioni delle polemiche sono dettate principalmente dal fatto che con la nuova normativa alcuni dispositivi sono stati spostati negli elenchi di prodotti considerati “di serie”.
Questo spostamento, però, causerebbe allungamenti nelle tempistiche di assegnazione degli ausili all’utente finale, poiché è prevista l’assegnazione di questi dispositivi per mezzo gara.
Ad oggi l’assegnazione del dispositivo avviene mediante prescrizione specifica per il paziente, in quanto l’obiettivo è quello di affidare un dispositivo che si adatti il più possibile alle esigenze del singolo caso.
Inoltre, si registra una differenza di interpretazione del Nomenclatore da parte dei Servizi Sanitari Regionali, con un potenziale squilibrio tra i servizi garantiti da Regione a Regione.
Il coinvolgimento delle associazioni di categoria
Per questo i processi di accesso agli ausili restano tuttora complessi e continuano a far riferimento ad un panorama normativo che necessita di essere rivisto.
Ce lo spiega Samuela, mamma di Giulio e fondatrice di Energy Family Project, l’associazione che si fa portavoce e supporta le famiglie di bambini con differenza d’arto.
“Il “Nomenclatore Tariffario”, che regola e riconosce gli ausili ortopedici, presenta ancora oggi non poche criticità. Le tecnologie contemplate sono obsolete così come il contributo del SSN nazionale non è aggiornato rispetto ai costi delle tecnologie.”
“Ad oggi”, dice Samuela, “l’entità della spesa a carico del cittadino per l’acquisto di dispositivi di alta tecnologia, che possano davvero restituire le funzionalità dell’arto, è ancora troppo gravosa per le famiglie. Ancor più se consideriamo che i bambini crescono rapidamente e le protesi richiedono la sostituzione dopo un periodo che va dai 6 mesi a 1 anno e mezzo.”
Situazioni di questo tipo ci fanno riflettere sulla necessità di un coinvolgimento effettivo delle parti sociali interessate, nella definizione di politiche nuove e inclusive, che rendano possibile un Paese alla portata di tutti.
È importante, infatti, conoscere bene le esigenze degli utenti e i loro bisogni, e progettare dispositivi innovativi personalizzati in base alle esigenze delle persone con disabilità che ne usufruiscono. Sta poi alla componente istituzionale agevolare, con misure più efficaci possibile, la fornitura di strumenti che permettano di svolgere sempre più agevolmente le azioni di vita quotidiana necessarie per assicurare il benessere di ogni soggetto che ne presenta la necessità.