Sport e disabilità: l’esperienza della squadra calcio amputati del Sud Italia

In questo articolo vi raccontiamo una giornata straordinaria che abbiamo trascorso in compagnia della squadra calcio amputati dell’ASD Fabrizio Miccoli. Quelle giornate che non si dimenticano perché infondono grinta, coraggio e voglia di provarci.

Approfittiamo dell’ Open Day, organizzato per il reclutamento di nuovi ragazzi amputati interessati al mondo del calcio, e andiamo a fare due chiacchiere con Roberto Sodero, capitano della squadra del Sud Italia, un ragazzo fortissimo e molto disponibile che si fa intervistare sotto il sole di fine agosto, subito dopo un allenamento sfiancante.

La storia del capitano della squadra calcio amputati

Roberto è un ragazzo giovanissimo, che ha già vissuto alcune prove difficili nella sua vita. Nato con la sindrome di Klippel-Trenaunay-Weber, è stato costretto a ricorrere all’amputazione per fermare continue tromboflebiti e fortunatamente in questo modo riesce a recuperare la sua autonomia.

Roberto però, è un grande appassionato di calcio, lo è sempre stato, per questo ha deciso che avrebbe giocato a calcio, poco importava la sua amputazione.

Calcio amputati: le regole del gioco

“E’ calcio! Niente più né meno”, questa la sua risposta quando gli chiediamo le regole del gioco.

Entrando nel dettaglio tecnico, ci spiega che il calcio amputati prevede che i giocatori di movimento debbano avere una gamba amputata o più corta dell’altra in modo che non tocchi a terra e i portieri non hanno l’uso di un braccio, e dal momento che hanno due gambe, non possono lasciare l’area di rigore.

A livello internazionale si gioca in 7vs7 su un campo di 60×40 metri, ma per favorire la formazione di più squadre, la FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) ha decretato che nel campionato italiano si giochi 5vs5 su un campo di 45×25 metri.

E’ proprio la FISPES che nel 2019 indice il primo campionato nazionale di calcio amputati, e a Roberto viene dato il compito di formare una squadra per il Sud Italia. Da subito ha avuto l’appoggio di Fabrizio Miccoli che ha permesso di avviare questa fantastica esperienza e si è mobilitato nella ricerca dei suoi compagni di squadra.

Sembra impensabile che uno sport fisicamente impegnativo come il calcio, si possa svolgere con una sola gamba. Però anche questo è possibile! Ed è il messaggio che passa nel vederli giocare con tutte le loro energie.

E questo è tutto merito dello sport, “un’arma potentissima che educa al rispetto, uno strumento educativo eccezionale. Lo sport ti insegna a rispettare i compagni, a rispettare le regole e ti insegna a sacrificarti per raggiungere un obiettivo.”

Con questo gioco Roberto sfida se stesso, poi gli avversari e per questo motivo sostiene che lo sport per chi ha una disabilità non può che far bene. E’ una vera e propria terapia, perché in molti casi, soprattutto per coloro che hanno subito un’amputazione, lo sport diventa uno stimolo nuovo, un posto dove mettersi in gioco, crescere e sentirsi più forti.

Il gioco di squadra per l’inclusione

Soprattutto il calcio, che è uno sport di squadra, obbliga, per sua natura, a relazionarsi costantemente con i compagni e con gli avversari, attivando un processo di self-confidence, oltre che un modo per accettarsi e sentirsi accettati “scendendo in campo” per esprimere al meglio le loro potenzialità.

Anche per superare il limite del sentirsi accettati nella società, la squadra fa l’esperienza del calcio integrato. La partita diventa un mix tra atleti amputati ad atleti della scuola calcio. E’ bellissimo vedere come dopo i primi 5-10 minuti di imbarazzo il match diventa una partita vera e non ci sono più differenze in campo.

Mentre chiacchieriamo i ragazzi continuano ad allenarsi. Si allenano intensamente per i campionati nazionali tenutisi a Jesolo il 12 settembre. Si vede dai loro volti la passione per questo sport e la voglia di avvicinare più persone possibile per avere numerose squadre di calcio amputati e permettere a chiunque di poter praticare questo sport in qualsiasi città d’Italia.

Dopo aver trascorso una giornata con la squadra li ringraziamo per la disponibilità ma soprattutto per averci fatto riflettere e pensare che se questi ragazzi riescono a giocare a calcio con una sola gamba, bisogna sempre affidarsi a quella forza più grande che ti permette di andare avanti e, nonostante tutto, non arrenderti mai.

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